lunedì 17 settembre 2018

An old Italian Court decision states the non-security status of Alt-coin

Court decision from the Italian Chieti Court in the year 2000

La "sentenza di assoluzione" del SIMEC del Tribunale di Chieti

Tribunale di Chieti

Il Tribunale del riesame, riunito in Camera di Consiglio con l’intervento dei Signori Magistrati:
dr. Antonio Gagliardi - Presidente
dr. Giro Marsella - Giudice relatore
dr. Angelo Zaccagnini- Giudice
Letti gli atti ed i documenti presenti nel fascicolo del PM nonchè quelli prodotti a corredo dell’istanza di riesame dalla difesa
uditi in Camera di Consiglio il Relatore, nonché, per la Procura della Repubblica, la dr.ssa Rosangela Di Stefano e, per la difesa, l’avv Antonio Pimpini,
a scioglimento della riserva assunta nell' udienza del 30/8/2000.

OSSERVA

Il GIP presso il Tribunale di Chieti con decreto depositato in Cancelleria il 9/8/2000 ed eseguito il 10-11/8/2000, ha accolto la richiesta di sequestro dei Simec - Simboli Econometrici di Valore Indotto - avanzata ex art. 321 cpp dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Chieti con istanza dell' 8/8/2000, ponendo a fondamento del “fumus” dell’istanza la verosimile violazione del disposto di cui agli artt 11. 106. 130 e 132 D L vo 385/93 (cd Testo Unico in materia bancaria).

Avverso la predetta determinazione cautelare e insorto il prof Giacinto Auriti, ideatore dell'iniziativa Simec, sollevando motivi sia di rito che di merito e sostanzialmente ribadendo l’esclusivo rilievo civilistico della vicenda nonché l‘assoluta insussistenza di ipotesi di reato nella vicenda inerente alla circolazione dei Simec medesimi. L’Auriti sottolineava, altresì, l’importanza scientifica dell’iniziativa, sviluppatasi inizialmente, sul piano teorico, presso la Cattedra di Teoria Generale del Diritto e proseguita, in via attuatìva, in quella di Sociologia del Diritto.

In buona sostanza, la fattispecie sottoposta al vaglio del Tribunale del riesame - prescindendo dai principi teorici posti a fondamento delI’iniziativa - è sintetizzabile nel seguente modo:

1- Il prof. Auriti, nelle vesti di Segretario Nazionale del Sindacato Antiusura, diretta espressione dell’Associazione Culturale Aspp, ha concordato con un gruppo di commercianti principalmente localizzati nel territorio di Guardiagrele, l’emissione di un documento cartaceo denominato Simec, posto in vendita ad un valore nominale pari alla lira ma accettato dalla base associativa dei commercianti ad un valore doppio rispetto alla stessa, con la possibilità degli stessi di riconvertire i Simec sempre al valore doppio di quello iniziale di acquisto.

2- Il gruppo di commercianti ha aderito liberamente e pienamente all’iniziativa, accettando il sistema ed accollandosi anche il rischio del suo eventuale fallimento, conoscendo preventivamente che l’importo convertibile era comunque unicamente quello derivante dalla vendita dei Simec.

3- I fondamenti dell’iniziativa varino individuati a) da un lato, sul principio dell’accettazione nella dinamica commerciale e, quindi. nell’esercizio della libertà d’impresa e contrattuale, di un documento

- il Simec suddetto - la cui composizione merceologica risulta del tutto indifferente ai fini del decidere, accettato da una base associativa più o meno estesa - configurandosi in tal guisa, un contratto aperto per adesione -‘ all’interno della quale il Simec medesimo viene accettato ad un valore nominale doppio rispetto alla lira, b) dall’altro, sulla cd. velocità di circolazione del documento e sulla progressiva riduzione delle richieste di conversione, collegate alla sempre maggiore fiducia degli aderenti nel buon fine dell’esperimento. di per sé sufficiente ad escludere una conversione di massa. -

Su tale situazione, in essere in Guardiagrele sino al 9/8/2000, si è inserita la Procura della Repubblica ravvisando nei fatti come innanzi compendiati la violazione degli artt 11, 106, 130, e 132 D L vo 385/93. rilevando una raccolta illecita del risparmio e l’esercizio abusivo dell’attività di finanziamento, così da essere indotta a richiedere l’emissione del decreto di sequestro preventivo dei Simec ex art. 321 cpp, accolto dal GIP.

In sostanza, il GIP ha condiviso la tesi accusatoria, per cui la condotta tenuta dal prof. Auriti viene ritenuta in contrasto con i precetti normativi innanzi indicati, ha evidenziato il rischio di mancata riconversione del Simec, ha fatto proprie “le preoccupazioni nutrite dall’accusa su incongruenze contabili", infine ha adombrato pericoli di “riciclaggio di denaro proveniente da delitti".

A parere del Collegio non sussistono nè il "fumus" né il “periculum” necessari per l’emanazione della misura cautelare “de qua". Infatti, sia che si voglia condividere l’indirizzo giurisprudenziale che afferma l‘autorizzabilità del sequestro solo per l’ipotesi di gravi indizi di colpevolezza ovvero l’altro indirizzo che richiede l’astratta configurabilità dell ipotesi di reato. nella vicenda in esame emerge evidente l'assenza del presupposto primario ed indefettibile rappresentato dalla necessaria commissione di un fatto dì reato, giacché il principio di legalità non può non condizionare l'applicabilità delle misure cautelari e delle altre misure strumentali al giudizio penale (cfr Cass Pen 25/3/1993, Crispo CP 1994. 1610).
Osserva, invero, il Collegio che i disposti normativi di cui agli artt 11. 106, 130 e 132 D L vo 385/13 non appaiono violati dal prof. Auriti, atteso l’assoluto, esclusivo ed evidente rilievo civilistico dell’iniziativa, espressione legittima dell’autonomia negoziale ed attuazione del principio della libertà di contrarre riservata a chiunque, non comprimibile se non in presenza di una illiceità penale, allo stato non ravvisabile.

Infatti - a parte il sospetto d’incostituzionalità dell’ipotesi incriminatrice prevista dal combinato disposto di cui all’art 11 comma 1° e 130 D. L vo 385/93. nella parte in cui individua, genericamente e in violazione del principio di tassatività in qualsiasi veste giuridica (id est "sotto altra forma") la condotta illecita - nessuna acquisizione di fondi con obbligo di rimborso viene attuata dal prof. Auriti.

L’indagato, invero - come niconosciuto dallo stesso GIP - pone in essere un atto di compravendita al momento dell’emissione dei cd Simec. in esecuzione del quale iI compratore acquista, versando lire, un quantitativo di identico valore di Simec. Dal ché, trattandosi di un atto inquadrabile nell'ambito degli artt. 1470 e ss cc. non può ipotizzarsi alcuni obbligo di rimborso sia in senso stretto che in senso lato.

Successivamente, il simbolo denominato Sìmec diviene - come reca la stessa dicitura inserita nel predetto documento - " di proprietà del portatore " così che nella dinamica negoziale lo stesso non è pagabile ma convertibile. E', invero, proprio il portatore del documento che gli conferisce il valore, accettandolo ad un valore doppio; documento che, allo stesso modo e nei medesimi termini, viene accettato dagli esercizi convenzionati associati, alla stregua di un' iniziativa promozionale. Il commerciante aderente al sistema, infatti dopo averlo accettato può riporlo in circolazione nel sistema, ovvero convertirlo ad un corrispettivo determinabile secondo i livelli di liquidità presenti nello stesso sistema. Trattasi, in questo caso, di un atto di retrovendita, ammissibile e meritevole di tutela cx art. 1322, comma 2° c.c.
E’ evidente, pertanto, che le some utilizzate dai consumatori per l’acquisto dei Simec e, di poi, riversate nel sistema associativo mediante acquisto dei beni presso gli esercizi convenzionati, attesa la destinazione diretta ed immediata all’ acquisto di beni di consumo spesso voluttuari, non possono affatto essere ricondotte nel cd risparmio personale o familiare.

Infatti - ed al contrario di quanto avviene nel caso che ci occupa –nell’ ipotesi suddetta la liquidità viene provvisoriamente, per un periodo più o meno lungo, sottratta alle esigenze immediate di consumo per accedere a quelle tipiche del risparmio presupponenti la stasi di quelle o comunque l’indisponibilità da parte del soggetto depositante, nella certezza di ottenere il rimborso ed i frutti civili, che incentivano la propensione alla parsimonia.
Orbene, tutto ciò nella vicenda sottoposta all’ esame del Collegio non si verifica, l’indagato non acquisisce fondi provenienti dal risparmio, ma - per così dire- favorisce il consumo. L’ insussistenza di alcun obbligo di restituzione a carico dell’Auriti anche nei confronti degli stessi commercianti – poiché la convertibilità, come tale, esclude una struttura negoziale di tal fatta -consente di ritenere che nella fattispecie vi sia un mero esercizio della libertà negoziale e della iniziativa economica sotto forma associativa. Ciò posto, tutti e tre i dedotti momenti - libertà negoziale, d’iniziativa privata e di associarsi - rivestono rilievo costituzionale e non possono subire compressioni ingiustificate.
Aggiunge il Collegio che, d’altro canto, la difesa ha dato compiuta spiegazione dei principi posti a fondamento dell’iniziativa - ampiamente dibattuti all’interno del mondo accademico - dai quali può evidenziarsi l’ampia accettazione degli aderenti al sistema dei principi del Simec e, soprattutto la preventiva conoscenza che l’importo eventualmente convertibile è unicamente quello derivante dalla vendita dei Sìmec - secondo quanto risulta dalle dichiarazioni dei commercianti e dalle lettere acquisite agli atti -, per cui la differenza tra valore nominale e di cambio costituisce il rischio d’impresa di cui ognuno di loro si è fatto carico.
Va, altresì, osservato che alla luce dalla stessa definizione contenuta nell’art. 11 TU 385/93 - secondo cui la raccolta dei risparmio è costituita dall’acquisizione di fondi con l’obbligo di rimborso, sia sotto forma di deposito che sotto altra forma “- l’ipotesi accusatoria della Procura risulta inverosimile ove si consideri che,
a) l’obbligo di rimborso previsto nel cennato precetto normativo dovrebbe intercorrere tra il depositante e il depositario, mentre nel caso ‘de quo’ si tratta di atto di compravendita di Simec da parte del consumatore, cui segue l’eventuale conversione da parte di un altro soggetto, il commerciante convenzionato,
b) le somme destiniate al risparmio - conie già evidenziato sopra - sono per definizione sottratte all’ utilizzo immediato del titolare, posto che il risparmiatore se ne priva e non le destina al soddisfacimento dei bisogni immediati, di prima necessità o più in generale di consumo, mentre, al contrario, quelle utilizzate dai consumatori per l’acquisto dei Simec sono pacificamente destinate all’acquisto di beni e quindi pacificamente estranee ad essere ricondotte a qualsiasi forma di risparmio,
c) manca qualsiasi attività di utilizzazione delle somme ottenute dalla compravendita dei Simec da parte dell’emittente - venditore, posto che le stesse restano ‘in toto’ destinate alla conversione in favore dei commercianti aderenti all’iniziativa
d) è del tutto assente l’intervallo temporale necessario perché l’attività di risparmio consenta di pervenire a forme di remunerazione e) è assente qualsiasi forma di lucro.

La correttezza dell’interpretazione qui prospettato appare evidente -in ogni caso- dalla considerazione delle assurde conseguenze cui condurrebbe l’adesione alla tesi dell’accusa. Dovrebbe, infatti, ammettersi che chiunque acquisisca fondi o valori ed abbia poi obbligo del loro rimborso – obbligo comunque insussistente, per quanto detto. ‘nel caso de quo - commetta il reato in questione, come - con esemplificazione paradossale - il gestore di un casinò obbligato a restituire il controvalore delle ‘fiches”

Ritiene ancora il Collegio - sotto l’altro profilo rilevante - che neanche la normativa incriminatrice dell’esercizio abusivo di attività finanziaria, disciplinata dal combinato disposto di cui agli artt ‘106 I comma e ‘132 D.Lvo 385/93. sia violata nella fattispecie. in quanto l’Auriti non ha posto in essere alcuna attività di assunzione di partecipazioni. di concessione di finanziamenti, di prestazioni di pagamento e di intermediazioni in cambi, avendo semplicemente compravenduto supporti cartacei denominati Simec, accettati da un numero determinato di esercizi, il cui valore, doppio rispetto alla lira, e stato conferito dagli stessi aderenti al sistema.

Orbene, anche a voler utilizzare la definizione più ampia ed onnicomprensiva data dalla dottrina all’attività di finanziamento come quella concernente tutte le operazioni a seguito delle quali la banca risulti creditrice di una somma di denaro nei confronti del prenditore dì credito, tenuto conto della restituzione delle somme ricevute”, nella fattispecie non pare in alcun modo configurabile l’ipotesi criminosa prevista dal predetto disposto normativo. Infatti, il prof Auriti non pone in essere alcuna delle condotte indicate nell’arI 106 TU legge bancaria. in quanto non attua alcuna forma di finanziamento sotto qualsiasi veste, non assume partecipazioni ne prestazioni di servizi a pagamento. Inoltre allo stato non risulta che la predetta attività sia professionalmente organizzata con modalità e strumenti tali da prevedere e consentire una concessione sistematica di un numero indeterminato di mutui o finanziamenti in via diretta (cfr Cass Penale 6/10/1 995 sez V) Sotto il profilo fattuale Infatti, l’ acquisto dei Simec da parte dell’utente, l’assenza di qualsiasi erogazione di somme da parte dell’Aurìti e l’evidente insussistenza di finalità di lucro sempre da parte dell’emittente, escludono ogni riferibilità della vicenda ‘de qua” all’abusiva attività di finanziamento di cui all’arI 132 D Lvo cit

A ciò aggiungasi l’insussistenza di alcuna condotta di erogazione del credito attraverso una delle azioni indicate dall’arI. 106 D L vo cit. e che, inoltre non vi è, ne è stata prospettata, un’attività professionalmente organizzata tesa a prevedere e consentire la concessione sistematica di un numero indeterminato di mutui finanziamenti” (cfr Cass Reni 8/10/1997 n 5285).
Peraltro, è appena il caso di evidenziare che l’attività di finanziamento - in
ipotesi - avrebbe dovuto attuarsi con moneta avente corso legale e non già con un documento sprovvisto di spendibilità generalizzata, in quanto limitato nello circolazione agli accettanti il Simec.
Infatti, l’attività finanziaria, per essere tale, anche in aderenza al disposto di cui all’art. 106 D.Lvc 1993/385 presuppone che la banca - nella specie non si sa chi, cioè se tale qualifica vada ricondotta al prof Auriti, ai commercianti o ai consumatori - risulti creditrice di una somma di denaro nei confronti del prenditore del finanziamento, il quale ultimo è naturalmente obbligato alla restituzione delle somme ricevute. L’accusa crea, allora, una sorta di inammissibile fungibilità ed interscambio delle condotte dei soggetti interessati, senza considerare che il prof. Auriti non svolge alcuna attività di finanziamento né risulta creditore di somme di denaro, nonché che alcuno risulta obbligato alla restituzione nei suoi confronti.
E’ evidente, inoltre che non sussiste alcuna attività di assunzione di partecipazioni, dì concessione di finanziamenti e di intermediazione, nulla ricevendo il prof. Auriti per la mera emissione del Simec. Né dalla condotta dell’indagato si evince che lo stesso tenda ad equipararsi ad un istituto di credito, ingenerando confusione nella collettività utilizzando termini come ‘banca’ o assimilabili, dai quali possa ritenersi che si stia esercitando il credito ovvero si proceda a raccolta di risparmio.

Rileva, peraltro, il Collegio che il GIP ha ravvisato ulteriori circostanze di rilievo penale non dedotte dall’accusa né dalla stessa ritenute commesse - cosi da doversi dubitare della loro utilizzabilità ai fini del “fumus” dell’istanza cautelare - che appaiono comunque prive di fondamento.
Quanto all’ipotesi del rifiuto di conversione dei Simec in denaro, incidendosi su un rapporto interno ad un gruppo ristretto di persone che hanno accettato il meccanismo ed i principi del relativo Sistema, il rilievo che ne deriva è esclusivamente di natura civilistica contrattuale o al più, cartolare, privo comunque di riflessi penalmente i rilevanti.
Quanto, poi alle preoccupazioni sulla verosimile sussistenza di irregolarità contabili - evidentemente ritenute prodromo di violazioni fiscali o tributarie - come emerge dai accertamenti sommari degli organi di P.G. e dalle dichiarazioni rese dai commercianti aderenti al sistema, non paiono aver ragione d’essere posto che i titolari dei singoli esercizi procedono alla registrazione degli importi incamerati in lire e nell’ammontare pari al valore reale della vendita, cosi che nessun rischio di evasione sussiste, ciò oltre all’assorbente e decisiva considerazione dell’estraneità dell’addebito nei confronti dell’Auriti.
Anche il pericolo di riciclaggio appare insussistente nonché - come sottolineato dalla difesa - alquanto contraddittorio nei modi e termini indicati dal GIP, poiché da un lato si ritiene che il sistema sia fatalmente votato all’insuccesso, mentre dall’altro si ravvisa addirittura il rischio di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecita, che mal si concilia con l’espressa scarsa fiducia sulla remunerabilità del sistema. Orbene senza voler utilizzare l’esempio eccessivo addotto della difesa, è sicuramente vero che, volendosi condividere l’assunto del GIP ben poche attività d’intrapresa sarebbero esenti dai rischio ed addirittura dal remoto pericolo di riciclaggio.
Osserva da ultimo, il Collegio che all’ assenza del “fumus commissi delicti” si coniuga l’insussistenza del “periculum in mora”, quale ulteriore presupposto per l’adozione del provvedimento di sequestro. Al riguardo, invero, lo stesso GIP utilizza argomentazioni non condivisibili –nel punto 4) del decreto di sequestro preventivo, nella parte denominata “Della progressione degli illeciti e del protrarsi della conseguenze” – in quanto rilevanti solo sotto il profilo civilistico siccome riferite ad eventuali inadempimenti di obbligazioni assunte all’interno del sistema associativo di accettazione dei Simec, ma, ininfluenti ai fini penali “de quibus”.
Peraltro, eventuali incongruenze del sistema porrebbero questioni rilevanti solo fra gli aderenti al medesimo senza alcuna connotazione pubblicistica o di ordine Pubblico.
Aggiungasi che i Simec - siccome non moneta e non avendone le caratteristiche di generalità, universalità e obbligatorietà di accettazione - non hanno spendibilità generalizzata in quanto la circolazione avviene all’interno di un sistema predeterminato e predefinito, sebbene aperto a successive adesioni. Trattandosi, pertanto di fattispecie negoziale riconducibile al contratto per adesione come tale aperto allo futura accettazione di successivi aderenti non può disporsi un’inibitoria cosi gravosa in quanto lesiva di interessi di primario rilievo costituzionale. Sicché appare assente il pericolo che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze di un reato, ovvero agevolare la commissione di altri.
Tanto premesso.

P.Q.M.

Revoca il sequestro di tagliandi di carta filigranata denominanti “SIMEC” disposto dal GIP con decreto in data 8-9/8/2000, nei confronti di Auriti Giacinto ed altri eseguito dalla Guardia di Finanza il giorno 11/8/2000.
Manda allo stesso organo di P.G. che ha proceduto al sequestro per l’esecuzione del presente provvedimento e la restituzione dei “SIMEC” sequestrati alle persone nei confronti delle quali il sequestro è stato eseguito.

Chieti, li 30/8/2000

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