Court decision from the Italian Chieti Court in the year 2000
La "sentenza di assoluzione" del SIMEC del Tribunale di Chieti
Tribunale di Chieti
Il Tribunale del riesame, riunito in Camera di Consiglio con l’intervento dei Signori Magistrati:
dr. Antonio Gagliardi - Presidente
dr. Giro Marsella - Giudice relatore
dr. Angelo Zaccagnini- Giudice
Letti
gli atti ed i documenti presenti nel fascicolo del PM nonchè quelli
prodotti a corredo dell’istanza di riesame dalla difesa
uditi in
Camera di Consiglio il Relatore, nonché, per la Procura della
Repubblica, la dr.ssa Rosangela Di Stefano e, per la difesa, l’avv
Antonio Pimpini,
a scioglimento della riserva assunta nell' udienza del 30/8/2000.
OSSERVA
Il
GIP presso il Tribunale di Chieti con decreto depositato in Cancelleria
il 9/8/2000 ed eseguito il 10-11/8/2000, ha accolto la richiesta di
sequestro dei Simec - Simboli Econometrici di Valore Indotto - avanzata
ex art. 321 cpp dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Chieti con istanza dell' 8/8/2000, ponendo a fondamento del “fumus”
dell’istanza la verosimile violazione del disposto di cui agli artt 11.
106. 130 e 132 D L vo 385/93 (cd Testo Unico in materia bancaria).
Avverso
la predetta determinazione cautelare e insorto il prof Giacinto Auriti,
ideatore dell'iniziativa Simec, sollevando motivi sia di rito che di
merito e sostanzialmente ribadendo l’esclusivo rilievo civilistico della
vicenda nonché l‘assoluta insussistenza di ipotesi di reato nella
vicenda inerente alla circolazione dei Simec medesimi. L’Auriti
sottolineava, altresì, l’importanza scientifica dell’iniziativa,
sviluppatasi inizialmente, sul piano teorico, presso la Cattedra di
Teoria Generale del Diritto e proseguita, in via attuatìva, in quella di
Sociologia del Diritto.
In buona sostanza, la fattispecie
sottoposta al vaglio del Tribunale del riesame - prescindendo dai
principi teorici posti a fondamento delI’iniziativa - è sintetizzabile
nel seguente modo:
1- Il prof. Auriti, nelle vesti di Segretario
Nazionale del Sindacato Antiusura, diretta espressione
dell’Associazione Culturale Aspp, ha concordato con un gruppo di
commercianti principalmente localizzati nel territorio di Guardiagrele,
l’emissione di un documento cartaceo denominato Simec, posto in vendita
ad un valore nominale pari alla lira ma accettato dalla base associativa
dei commercianti ad un valore doppio rispetto alla stessa, con la
possibilità degli stessi di riconvertire i Simec sempre al valore doppio
di quello iniziale di acquisto.
2- Il gruppo di commercianti ha
aderito liberamente e pienamente all’iniziativa, accettando il sistema
ed accollandosi anche il rischio del suo eventuale fallimento,
conoscendo preventivamente che l’importo convertibile era comunque
unicamente quello derivante dalla vendita dei Simec.
3- I
fondamenti dell’iniziativa varino individuati a) da un lato, sul
principio dell’accettazione nella dinamica commerciale e, quindi.
nell’esercizio della libertà d’impresa e contrattuale, di un documento
-
il Simec suddetto - la cui composizione merceologica risulta del tutto
indifferente ai fini del decidere, accettato da una base associativa più
o meno estesa - configurandosi in tal guisa, un contratto aperto per
adesione -‘ all’interno della quale il Simec medesimo viene accettato ad
un valore nominale doppio rispetto alla lira, b) dall’altro, sulla cd.
velocità di circolazione del documento e sulla progressiva riduzione
delle richieste di conversione, collegate alla sempre maggiore fiducia
degli aderenti nel buon fine dell’esperimento. di per sé sufficiente ad
escludere una conversione di massa. -
Su tale situazione, in
essere in Guardiagrele sino al 9/8/2000, si è inserita la Procura della
Repubblica ravvisando nei fatti come innanzi compendiati la violazione
degli artt 11, 106, 130, e 132 D L vo 385/93. rilevando una raccolta
illecita del risparmio e l’esercizio abusivo dell’attività di
finanziamento, così da essere indotta a richiedere l’emissione del
decreto di sequestro preventivo dei Simec ex art. 321 cpp, accolto dal
GIP.
In sostanza, il GIP ha condiviso la tesi accusatoria, per
cui la condotta tenuta dal prof. Auriti viene ritenuta in contrasto con i
precetti normativi innanzi indicati, ha evidenziato il rischio di
mancata riconversione del Simec, ha fatto proprie “le preoccupazioni
nutrite dall’accusa su incongruenze contabili", infine ha adombrato
pericoli di “riciclaggio di denaro proveniente da delitti".
A
parere del Collegio non sussistono nè il "fumus" né il “periculum”
necessari per l’emanazione della misura cautelare “de qua". Infatti, sia
che si voglia condividere l’indirizzo giurisprudenziale che afferma
l‘autorizzabilità del sequestro solo per l’ipotesi di gravi indizi di
colpevolezza ovvero l’altro indirizzo che richiede l’astratta
configurabilità dell ipotesi di reato. nella vicenda in esame emerge
evidente l'assenza del presupposto primario ed indefettibile
rappresentato dalla necessaria commissione di un fatto dì reato, giacché
il principio di legalità non può non condizionare l'applicabilità delle
misure cautelari e delle altre misure strumentali al giudizio penale
(cfr Cass Pen 25/3/1993, Crispo CP 1994. 1610).
Osserva, invero, il
Collegio che i disposti normativi di cui agli artt 11. 106, 130 e 132 D L
vo 385/13 non appaiono violati dal prof. Auriti, atteso l’assoluto,
esclusivo ed evidente rilievo civilistico dell’iniziativa, espressione
legittima dell’autonomia negoziale ed attuazione del principio della
libertà di contrarre riservata a chiunque, non comprimibile se non in
presenza di una illiceità penale, allo stato non ravvisabile.
Infatti
- a parte il sospetto d’incostituzionalità dell’ipotesi incriminatrice
prevista dal combinato disposto di cui all’art 11 comma 1° e 130 D. L vo
385/93. nella parte in cui individua, genericamente e in violazione del
principio di tassatività in qualsiasi veste giuridica (id est "sotto
altra forma") la condotta illecita - nessuna acquisizione di fondi con
obbligo di rimborso viene attuata dal prof. Auriti.
L’indagato,
invero - come niconosciuto dallo stesso GIP - pone in essere un atto di
compravendita al momento dell’emissione dei cd Simec. in esecuzione del
quale iI compratore acquista, versando lire, un quantitativo di identico
valore di Simec. Dal ché, trattandosi di un atto inquadrabile
nell'ambito degli artt. 1470 e ss cc. non può ipotizzarsi alcuni obbligo
di rimborso sia in senso stretto che in senso lato.
Successivamente,
il simbolo denominato Sìmec diviene - come reca la stessa dicitura
inserita nel predetto documento - " di proprietà del portatore " così
che nella dinamica negoziale lo stesso non è pagabile ma convertibile.
E', invero, proprio il portatore del documento che gli conferisce il
valore, accettandolo ad un valore doppio; documento che, allo stesso
modo e nei medesimi termini, viene accettato dagli esercizi
convenzionati associati, alla stregua di un' iniziativa promozionale. Il
commerciante aderente al sistema, infatti dopo averlo accettato può
riporlo in circolazione nel sistema, ovvero convertirlo ad un
corrispettivo determinabile secondo i livelli di liquidità presenti
nello stesso sistema. Trattasi, in questo caso, di un atto di
retrovendita, ammissibile e meritevole di tutela cx art. 1322, comma 2°
c.c.
E’ evidente, pertanto, che le some utilizzate dai consumatori
per l’acquisto dei Simec e, di poi, riversate nel sistema associativo
mediante acquisto dei beni presso gli esercizi convenzionati, attesa la
destinazione diretta ed immediata all’ acquisto di beni di consumo
spesso voluttuari, non possono affatto essere ricondotte nel cd
risparmio personale o familiare.
Infatti - ed al contrario di
quanto avviene nel caso che ci occupa –nell’ ipotesi suddetta la
liquidità viene provvisoriamente, per un periodo più o meno lungo,
sottratta alle esigenze immediate di consumo per accedere a quelle
tipiche del risparmio presupponenti la stasi di quelle o comunque
l’indisponibilità da parte del soggetto depositante, nella certezza di
ottenere il rimborso ed i frutti civili, che incentivano la propensione
alla parsimonia.
Orbene, tutto ciò nella vicenda sottoposta all’
esame del Collegio non si verifica, l’indagato non acquisisce fondi
provenienti dal risparmio, ma - per così dire- favorisce il consumo. L’
insussistenza di alcun obbligo di restituzione a carico dell’Auriti
anche nei confronti degli stessi commercianti – poiché la
convertibilità, come tale, esclude una struttura negoziale di tal fatta
-consente di ritenere che nella fattispecie vi sia un mero esercizio
della libertà negoziale e della iniziativa economica sotto forma
associativa. Ciò posto, tutti e tre i dedotti momenti - libertà
negoziale, d’iniziativa privata e di associarsi - rivestono rilievo
costituzionale e non possono subire compressioni ingiustificate.
Aggiunge
il Collegio che, d’altro canto, la difesa ha dato compiuta spiegazione
dei principi posti a fondamento dell’iniziativa - ampiamente dibattuti
all’interno del mondo accademico - dai quali può evidenziarsi l’ampia
accettazione degli aderenti al sistema dei principi del Simec e,
soprattutto la preventiva conoscenza che l’importo eventualmente
convertibile è unicamente quello derivante dalla vendita dei Sìmec -
secondo quanto risulta dalle dichiarazioni dei commercianti e dalle
lettere acquisite agli atti -, per cui la differenza tra valore nominale
e di cambio costituisce il rischio d’impresa di cui ognuno di loro si è
fatto carico.
Va, altresì, osservato che alla luce dalla stessa
definizione contenuta nell’art. 11 TU 385/93 - secondo cui la raccolta
dei risparmio è costituita dall’acquisizione di fondi con l’obbligo di
rimborso, sia sotto forma di deposito che sotto altra forma “- l’ipotesi
accusatoria della Procura risulta inverosimile ove si consideri che,
a) l’obbligo di rimborso previsto nel cennato precetto normativo
dovrebbe intercorrere tra il depositante e il depositario, mentre nel
caso ‘de quo’ si tratta di atto di compravendita di Simec da parte del
consumatore, cui segue l’eventuale conversione da parte di un altro
soggetto, il commerciante convenzionato,
b) le somme destiniate al risparmio - conie già evidenziato sopra -
sono per definizione sottratte all’ utilizzo immediato del titolare,
posto che il risparmiatore se ne priva e non le destina al
soddisfacimento dei bisogni immediati, di prima necessità o più in
generale di consumo, mentre, al contrario, quelle utilizzate dai
consumatori per l’acquisto dei Simec sono pacificamente destinate
all’acquisto di beni e quindi pacificamente estranee ad essere
ricondotte a qualsiasi forma di risparmio,
c) manca qualsiasi attività di utilizzazione delle somme ottenute
dalla compravendita dei Simec da parte dell’emittente - venditore, posto
che le stesse restano ‘in toto’ destinate alla conversione in favore
dei commercianti aderenti all’iniziativa
d) è del tutto assente l’intervallo temporale necessario perché
l’attività di risparmio consenta di pervenire a forme di remunerazione
e) è assente qualsiasi forma di lucro.
La correttezza
dell’interpretazione qui prospettato appare evidente -in ogni caso-
dalla considerazione delle assurde conseguenze cui condurrebbe
l’adesione alla tesi dell’accusa. Dovrebbe, infatti, ammettersi che
chiunque acquisisca fondi o valori ed abbia poi obbligo del loro
rimborso – obbligo comunque insussistente, per quanto detto. ‘nel caso
de quo - commetta il reato in questione, come - con esemplificazione
paradossale - il gestore di un casinò obbligato a restituire il
controvalore delle ‘fiches”
Ritiene ancora il Collegio - sotto
l’altro profilo rilevante - che neanche la normativa incriminatrice
dell’esercizio abusivo di attività finanziaria, disciplinata dal
combinato disposto di cui agli artt ‘106 I comma e ‘132 D.Lvo 385/93.
sia violata nella fattispecie. in quanto l’Auriti non ha posto in essere
alcuna attività di assunzione di partecipazioni. di concessione di
finanziamenti, di prestazioni di pagamento e di intermediazioni in
cambi, avendo semplicemente compravenduto supporti cartacei denominati
Simec, accettati da un numero determinato di esercizi, il cui valore,
doppio rispetto alla lira, e stato conferito dagli stessi aderenti al
sistema.
Orbene, anche a voler utilizzare la definizione più
ampia ed onnicomprensiva data dalla dottrina all’attività di
finanziamento come quella concernente tutte le operazioni a seguito
delle quali la banca risulti creditrice di una somma di denaro nei
confronti del prenditore dì credito, tenuto conto della restituzione
delle somme ricevute”, nella fattispecie non pare in alcun modo
configurabile l’ipotesi criminosa prevista dal predetto disposto
normativo. Infatti, il prof Auriti non pone in essere alcuna delle
condotte indicate nell’arI 106 TU legge bancaria. in quanto non attua
alcuna forma di finanziamento sotto qualsiasi veste, non assume
partecipazioni ne prestazioni di servizi a pagamento. Inoltre allo stato
non risulta che la predetta attività sia professionalmente organizzata
con modalità e strumenti tali da prevedere e consentire una concessione
sistematica di un numero indeterminato di mutui o finanziamenti in via
diretta (cfr Cass Penale 6/10/1 995 sez V) Sotto il profilo fattuale
Infatti, l’ acquisto dei Simec da parte dell’utente, l’assenza di
qualsiasi erogazione di somme da parte dell’Aurìti e l’evidente
insussistenza di finalità di lucro sempre da parte dell’emittente,
escludono ogni riferibilità della vicenda ‘de qua” all’abusiva attività
di finanziamento di cui all’arI 132 D Lvo cit
A ciò aggiungasi
l’insussistenza di alcuna condotta di erogazione del credito attraverso
una delle azioni indicate dall’arI. 106 D L vo cit. e che, inoltre non
vi è, ne è stata prospettata, un’attività professionalmente organizzata
tesa a prevedere e consentire la concessione sistematica di un numero
indeterminato di mutui finanziamenti” (cfr Cass Reni 8/10/1997 n 5285).
Peraltro, è appena il caso di evidenziare che l’attività di finanziamento - in
ipotesi
- avrebbe dovuto attuarsi con moneta avente corso legale e non già con
un documento sprovvisto di spendibilità generalizzata, in quanto
limitato nello circolazione agli accettanti il Simec.
Infatti,
l’attività finanziaria, per essere tale, anche in aderenza al disposto
di cui all’art. 106 D.Lvc 1993/385 presuppone che la banca - nella
specie non si sa chi, cioè se tale qualifica vada ricondotta al prof
Auriti, ai commercianti o ai consumatori - risulti creditrice di una
somma di denaro nei confronti del prenditore del finanziamento, il quale
ultimo è naturalmente obbligato alla restituzione delle somme ricevute.
L’accusa crea, allora, una sorta di inammissibile fungibilità ed
interscambio delle condotte dei soggetti interessati, senza considerare
che il prof. Auriti non svolge alcuna attività di finanziamento né
risulta creditore di somme di denaro, nonché che alcuno risulta
obbligato alla restituzione nei suoi confronti.
E’ evidente, inoltre
che non sussiste alcuna attività di assunzione di partecipazioni, dì
concessione di finanziamenti e di intermediazione, nulla ricevendo il
prof. Auriti per la mera emissione del Simec. Né dalla condotta
dell’indagato si evince che lo stesso tenda ad equipararsi ad un
istituto di credito, ingenerando confusione nella collettività
utilizzando termini come ‘banca’ o assimilabili, dai quali possa
ritenersi che si stia esercitando il credito ovvero si proceda a
raccolta di risparmio.
Rileva, peraltro, il Collegio che il GIP
ha ravvisato ulteriori circostanze di rilievo penale non dedotte
dall’accusa né dalla stessa ritenute commesse - cosi da doversi dubitare
della loro utilizzabilità ai fini del “fumus” dell’istanza cautelare -
che appaiono comunque prive di fondamento.
Quanto all’ipotesi del rifiuto di conversione dei Simec in denaro,
incidendosi su un rapporto interno ad un gruppo ristretto di persone che
hanno accettato il meccanismo ed i principi del relativo Sistema, il
rilievo che ne deriva è esclusivamente di natura civilistica
contrattuale o al più, cartolare, privo comunque di riflessi penalmente i
rilevanti.
Quanto, poi alle preoccupazioni sulla verosimile
sussistenza di irregolarità contabili - evidentemente ritenute prodromo
di violazioni fiscali o tributarie - come emerge dai accertamenti
sommari degli organi di P.G. e dalle dichiarazioni rese dai commercianti
aderenti al sistema, non paiono aver ragione d’essere posto che i
titolari dei singoli esercizi procedono alla registrazione degli importi
incamerati in lire e nell’ammontare pari al valore reale della vendita,
cosi che nessun rischio di evasione sussiste, ciò oltre all’assorbente e
decisiva considerazione dell’estraneità dell’addebito nei confronti
dell’Auriti.
Anche il pericolo di riciclaggio appare insussistente
nonché - come sottolineato dalla difesa - alquanto contraddittorio nei
modi e termini indicati dal GIP, poiché da un lato si ritiene che il
sistema sia fatalmente votato all’insuccesso, mentre dall’altro si
ravvisa addirittura il rischio di riciclaggio di denaro proveniente da
attività illecita, che mal si concilia con l’espressa scarsa fiducia
sulla remunerabilità del sistema. Orbene senza voler utilizzare
l’esempio eccessivo addotto della difesa, è sicuramente vero che,
volendosi condividere l’assunto del GIP ben poche attività d’intrapresa
sarebbero esenti dai rischio ed addirittura dal remoto pericolo di
riciclaggio.
Osserva da ultimo, il Collegio che all’ assenza del
“fumus commissi delicti” si coniuga l’insussistenza del “periculum in
mora”, quale ulteriore presupposto per l’adozione del provvedimento di
sequestro. Al riguardo, invero, lo stesso GIP utilizza argomentazioni
non condivisibili –nel punto 4) del decreto di sequestro preventivo,
nella parte denominata “Della progressione degli illeciti e del
protrarsi della conseguenze” – in quanto rilevanti solo sotto il profilo
civilistico siccome riferite ad eventuali inadempimenti di obbligazioni
assunte all’interno del sistema associativo di accettazione dei Simec,
ma, ininfluenti ai fini penali “de quibus”.
Peraltro, eventuali
incongruenze del sistema porrebbero questioni rilevanti solo fra gli
aderenti al medesimo senza alcuna connotazione pubblicistica o di ordine
Pubblico.
Aggiungasi che i Simec - siccome non moneta e non
avendone le caratteristiche di generalità, universalità e obbligatorietà
di accettazione - non hanno spendibilità generalizzata in quanto la
circolazione avviene all’interno di un sistema predeterminato e
predefinito, sebbene aperto a successive adesioni. Trattandosi, pertanto
di fattispecie negoziale riconducibile al contratto per adesione come
tale aperto allo futura accettazione di successivi aderenti non può
disporsi un’inibitoria cosi gravosa in quanto lesiva di interessi di
primario rilievo costituzionale. Sicché appare assente il pericolo che
la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le
conseguenze di un reato, ovvero agevolare la commissione di altri.
Tanto premesso.
P.Q.M.
Revoca
il sequestro di tagliandi di carta filigranata denominanti “SIMEC”
disposto dal GIP con decreto in data 8-9/8/2000, nei confronti di Auriti
Giacinto ed altri eseguito dalla Guardia di Finanza il giorno
11/8/2000.
Manda allo stesso organo di P.G. che ha proceduto al
sequestro per l’esecuzione del presente provvedimento e la restituzione
dei “SIMEC” sequestrati alle persone nei confronti delle quali il
sequestro è stato eseguito.
Chieti, li 30/8/2000
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